domenica 31 luglio 2011

Mentore





Se dovessimo pensare di lasciare quanto abbiamo di più caro in custodia a qualcuno, la scelta non sarebbe semplice.
Lascio mio figlio? E nelle mani di chi? Nessuno sarebbe sufficientemente all'altezza.
Lo stesso avrà pensato Ulisse, accingendosi a salpare da Itaca, sapendo di lasciarvi il piccolo Telemaco.
Qui compare Mentore, ma Ulisse è un privilegiato, perché il sembiante esteriore nasconde nientemeno che la dea Atena che personifica la saggezza.
E chi meglio di lei potrà guidare e consigliare Telemaco?
Così, resistendo all'insidia del tempo e della memoria, Mentore è sopravvissuto. Non egli stesso, ma la sua metafora: un consigliere che nell'ombra, distante dai clamori del palco quotidiano, sappia convogliare le azioni del suo protetto senza comunque sopraffarne la volontà, lasciandogli la possibilità di usare il libero arbitrio, sbagliando, se vuole.
Ora, avere in sorte nella propria vita un mentore, è quanto di più incredibile possa capitarci, un'esperienza che ci fa dire valeva la pena di esserci.

Avevo tredici quattordici anni quando lo conobbi. L'anno precedente ogni lezione, ogni studio era passato lasciandomi indenne: i compiti erano come un giornalino di enigmistica che contiene le soluzioni.
Il giorno che mise piede in classe, cinquantasei occhi si scambiarono uno sguardo furtivo: lui aveva l'aria di uno studente universitario che aveva sbagliato sede, pensammo che con la nostra voracità ne avremmo fatto carne da macello. Quanto ci sbagliavamo!
Impeccabile, doppiopetto grigio con camicia celeste che metteva in risalto i suoi occhi di un azzurro così sfacciato da sembrare finto, ma affilati come gli apici di un iceberg che squarciano lo scafo di una nave come fosse di carta.
Dei rebus che la sua materia mi proponeva non avevo più le soluzioni. E così cominciarono i guai.
Votacci che avrebbero salassato il più impudente dei lottatori.
Le sue parole, rivolte a tutte noi: non c'è da fasciarsi la testa, tutto è ancora fattibile, basta volerlo!
Dallo scafo squarciato della nave che imbarcava acqua, erano stati lanciati fuori dei salvagente, bisognava avere la prontezza di afferrarli.
Ne presi uno e iniziai a nuotare verso una meta che mi sembrava irraggiungibile.
Al primo avvicinamento, quando il mare pareva già meno periglioso, ancora la sua voce: non illuderti, hai guadagnato un po' di respiro, ma il traguardo è ancora lontano.
Man mano tenendo stretto quel salvagente, avvistavo la salvezza, ma non provavo la gioia che dovrebbe sentire un naufrago che porta a casa la pelle.
Passò del tempo, io ormai continuavo tranquilla a camminare sulla spiaggia, lui mi sembrava un istruttore che allena una squadra, con occhi interessati ad alcuni, senza peraltro portarli ad esempio.
Un giorno, senza preavviso, si accese una disputa fra lui e una compagna che sbandierava ideali di una giustizia che pendeva unicamente dalla sua parte: arrogante, irridente. Me ne disinteressai, attendevo che la tempesta passasse e riprendessimo la lezione interrotta.
A un tratto, più ai miei sensi che al mio udito pervenne un flash, teneva alle corde lei che parlava di ingiustizia e mi citava come esempio di giustizia oltraggiata. Non ci potevo credere!
Avevo sempre pensato di essere una delle tante operaie che si affaccendano nell'alveare e invece scoprivo senza sospettarlo che valevo quasi quanto la regina.
Ogni sguardo, ogni spiegazione, ogni parola assumevano adesso un significato diverso e, dismessi gli stracci del naufrago, potei salire nella cabina di comando.

Ho imparato quanto sia importante lanciare un salvagente e condurre le operazioni di salvataggio dando la certezza che mai nulla è perduto.
Se qualcuno mai mi vedrà come un mentore devo ricordarmi di dirgli che quello che so l'ho imparato da te: conoscenza, coerenza, imparzialità. Grazie prof.

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